di Paolo Giai
Come tutti ormai sanno, la parola Bonsai è composta da due parole, albero e vaso, quasi ad indicare che non esiste il bonsai se non c’è il suo contenitore e cioè il vaso,una delle importanti componenti artistiche che portano il bonsai al livello di una vera e propria forma d’arte. In giapponese l’armonia tra pianta e vaso si chiama “hachi – utsuri”, regole e principi non portano necessariamente ad una buona scelta, ma possono essere d’aiuto come punto di partenza per una valutazione più ampia e complessa. In questi ultimi anni, anche in Italia il vaso si è spogliato della sua semplice veste di contenitore abbinato in modo più o meno appropriato, e finalmente riveste sempre più un ruolo fondamentale per il complesso estetico formato dal binomio albero-vaso, con la conseguente ricerca stilistica al fine di un abbinamento sempre più raffinato.
Un po’ di storia
Come per il bonsai, anche il vaso bonsai propriamente detto non è nato in Giappone, ma bensì in Cina, dove il bonsai inteso come albero in vaso è nato. Ritrovamenti archeologici, fanno risalire i primi manufatti alla dinastia Shang (1766-1122 a.C), ma le migliori produzioni soprattutto a livello qualitativo, risalgono alla dinastia Ming, periodo di massima fioritura delle arti in Cina. Tali produzioni rimangono tuttora insuperate, tanto che perfino i maestri bonsaisti giapponesi spendono vere fortune per avere quei vasi antichi (kowatari, circa 1700 d.C anno di arrivo in Giappone). Le fornaci famose della Cina erano situate a Canton, Shangai, Nanchino e Yixing, quest’ultima famosa ancora oggi per la produzione di vasi per bonsai.
Per quello che riguarda invece il panorama giapponese, bisogna aspettare l’epoca Heian ( 794-1185) e Kamakura ( 1185-1333 d.C), dove le fornaci storiche di Seto, Tokoname, Bizen, Shigaraki, Echizen e Tamba, diedero vita a un’intensa produzione sviluppatasi nell’alveo di una tradizione sino-coreana. Oggi le fornaci giapponesi famose per la produzione di vasi per bonsai sono Tokoname e Seto, ma senza dubbio la prima fa la parte del leone, le altre fornaci sono perlopiù dedite alla produzione di ceramiche per il tè o per il sakè e porcellaneria varia. Quando si parla di fornace, per quello che riguarda l’artigianato giapponese, si intende una località dove si concentrano molte botteghe di maestri vasai con i loro forni privati con piccole produzioni limitate, tant’è che a volte per avere un vaso particolare dal catalogo del consorzio dei vasai di Tokoname bisogna attendere mesi. Ciò che distingue la fornace di Seto invece, sono sicuramente gli smalti delle superfici dei vasi, questo anche perché molti vasai producono sia vasi per bonsai che ceramiche da tè, dove il gusto estetico raffinato da generazioni di maestri ceramisti, ha raggiunto una qualità artistica elevatissima, con una combinazione praticamente infinita di sfumature di colori, questo per avvicinarsi il più possibile alle tonalità e sfumature suggerite dalla natura.
La qualità
Come in Cina, anche in Giappone esistono produzioni industriali e artigianali, i vasi industriali provenienti dal Giappone, vengono definiti Hotoku e Yokkaichi, e generalmente non recano sigilli o timbri oppure solamente il marchio della fabbrica, sono economici ma di scarsa qualità, quindi poco porosi e di conseguenza poco resistenti agli sbalzi termici e inadatti a una coltivazione di qualità, con il passare del tempo anziché diventare più belli e acquisire la patina di antico, questi vasi diventano più brutti e antiestetici. Per quello che riguarda le produzioni di Tokoname, purtroppo nel panorama bonsaistico italiano ma non solo, c’è parecchia confusione e incertezza, bisogna subito chiarire una cosa : non è assolutamente detto che un vaso proveniente da Tokoname sia un vaso pregiato, questo perché anche in questa località esistono produzioni industriali definite nel catalogo come “linea economica “, e costano come da noi i vasi di terracotta che si trovano nel centro commerciale, e troppo spesso spacciati agli ignari acquirenti che si recano nei centri bonsai, come artigianali. Quindi prestare sempre molta attenzione, e quando si acquista un vaso di Tokoname richiedere sempre al venditore che fornisca con il vaso una copia cartacea con traduzione del sigillo o firma dell’ autore del vaso, avendo così la certezza e la garanzia di possedere un vaso veramente fatto a mano in modo artigianale. Con il passare del tempo poi il bonsaista si fa “l’occhio” e riconoscerà immediatamente il vaso artigianale da quello difettato o industriale, il vaso di prima qualità non presenta grossolane imperfezioni se non volute dall’artista, il “vasaccio” avrà invece una serie di difetti come molature ai piedini per ristabilire il piano, ritocchi evidenti sulla superficie e sui piedini, soprattutto all’attaccatura, distribuzione dello smalto troppo uniforme e senza sfumature, superfici non curate in generale coerentemente con la tipologia del vaso.
Oggi il costo di un buon vaso di produzione contemporanea e di medie dimensioni si può aggirare sui 250€, anche se poi le dimensioni non giustificano affatto il prezzo, si possono trovare infatti vasi per shoin a 400€ e più e viceversa. Molti fattori vanno ad influenzare l’abbinamento del prezzo : la cura delle superfici, se è fatto con lo stampo o al tornio, il materiale, le decorazioni, la fama del maestro e, cosa più devastante, il lucro del rivenditore.
Sarebbe auspicabile che nei cataloghi delle mostre future, oltre che alla dicitura “vaso di : Tokoname “, venisse anche citato il maestro artefice della creazione, anche per cercare di creare una cultura del vaso oltre che dell’albero.
Forme
Le forme dei vasi sono tantissime e con molte varianti, questo per facilitare (si fa per dire), l’abbinamento anche con le piante più particolari. La maggior parte di queste forme, è la fedele riproduzione dei vasi cinesi antichi anche se, il vaso giapponese con il passare del tempo si è abbassato rispetto al “cugino cinese”, questo dovuto soprattutto non tanto ai fini di una più corretta coltivazione, ma per fattori estetici che analizzeremo più avanti. Le principali forme conosciute sono : quadrato alto e basso, a più facce alto e basso, rotondo alto e basso, rettangolare, ovale, con tutte le loro varianti, (svasate, bombate, con o senza bordo, ecc..), e decorazioni, (borchie, scritture, rilievi, cornici, ecc..), quindi le forme sono tante e tali da poter fornire, come già detto sopra, un abbinamento giusto anche con piante difficili. Una utile parentesi è da aprire sull’argomento “piedini” dei vasi, questi oltre che ad una funzione estetica, con le loro forme caratteristiche che riprendono la forma del vaso, e quindi abbinati ad esso in modo appropriato, (lineari, a nuvola, con volti di demoni, ecc..), sono indispensabili ai fini della coltivazione, perché mantengono il vaso sollevato permettendo un ottimo drenaggio e aerazione. Per i vasi senza piedini ( nanban – bunjin), viene creata sulla base del vaso, una superficie bombata con la bombatura rivolta verso i fori di drenaggio, e per permettere una sufficiente aerazione vengono praticate delle discrete scanalature sempre in corrispondenza dei fori di drenaggio.
Estetica : abbinamento vaso-pianta
Come per l’albero, anche per il vaso esistono delle regole estetiche tutte da valutare e interpretare per l’abbinamento vaso-pianta. Le regole generali sono le seguenti:
- Nel caso di alberi alti, (esclusi bunjin e cascate), il vaso sarà largo i 2/3 dell’altezza dell’albero, nel caso di alberi bassi e tozzi , i 2/3 dell’ampiezza della chioma.
- L’altezza del vaso deve essere circa corrispondente al diametro del tronco alla base.
- Per le caducifoglie in generale, i vasi vanno smaltati, per le aghifoglie vanno in grès non smaltato delle varie tonalità.
- Come in tutte le forme d’arte, le regole sono utili all’apprendimento, ma dopo che il bonsaista ha raffinato il suo senso estetico con il costante allenamento, queste regole, su alberi veramente pregiati, vengono solitamente infrante e se questo non accadesse sarebbe la morte del lato artistico di questo magnifico abbinamento. Le regole che invece non è consentito infrangere sono le seguenti:
- Il vaso non deve assolutamente prevaricare sull’albero, ben che preziosissimo deve essere una presenza discreta che fa risaltare il suo contenuto
- Non deve essere volgare e recare disturbo all’osservatore (meglio tonalità tenui che sgargianti) .
- Che sia soprattutto coerente con lo stile nel rispetto dell’albero stesso.
Vediamo ora i principali abbinamenti vaso-pianta a titolo indicativo :
- Albero grosso = vaso alto.
- Albero robusto = vaso con gli angoli.
- Albero originale = vaso originale , anche creativo.
- Caducifoglie = vaso con angoli arrotondati o ovale .
- Chokkan = vaso con angoli o ovale .
- Bunjin = vaso rotondo .
- Multitronchi e ishizuki = ovale o rettangolare .
- Albero snello = Vaso basso .
- Albero dalla linea dolce = vaso rotondo o ovale .
- Albero in stile classico = vaso con forma stabile .
- Moyogi = vaso ovale o con angoli .
- Kengai = vaso quadrato , più lati rotondo , molto alto .
Vediamo ora i termini con cui si distinguono le varie parti del vaso :
Vasi cinesi :
- Koto = periodo .
- Choodei = tonalità dei colori .
- Sotoen = forma del bordo .
- Kumoashi = forma del piede .
- Chookei = Forma del vaso .
Vasi giapponesi :
- Ichioo = nome dell’autore .
- Ruriyu = tonalità dei colori .
- Tanen = forma del bordo .
- Kiriashi = Forma del piede .
- Daen = forma del vaso .
Terminologia giapponese dei vasi antichi
Kowatari: il termine significa vecchia traversata. Sono stati portati in Giappone in epoca Edo (200/300 anni fa), e sono i primi per qualità. Particolarmente belli, recano normalmente il sigillo (rakkan) della fornace o non recano sigilli. Molti vasi antichi che non recano sigilli, se di qualità altissima erano destinati alla famiglia imperiale ; esistono comunque vasi antichi senza sigilli di qualità normale. Con il termine kowatari si indica anche il metodo utilizzato ancora oggi per la loro produzione, sia in Cina che in Giappone, anche se non di qualità così alta come l’originale. Se colpiti con le nocche delle dita emettono un suono sordo e sono normalmente molto pesanti. Ne esistono smaltati e in grès, e hanno delle patine particolarmente lucenti.
Nakawatari: il termine significa media traversata. Sono vasi cinesi portati in Giappone in epoca Meiji circa 100 anni fa. Quindi sono vasi più recenti dei kowatari ma il livello di qualità è praticamente uguale ed erano prodotti per lo più ad Yixing. Sono normalmente vasi in grès, di qualità eccezionale e sovente con le forme particolarmente semplici.
Shinwatari: il termine significa nuova traversata . Sono i vasi arrivati prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, chiamati anche “shinto”. La qualità non è più quella precedente, con la scomparsa della dinastia Ching, anche se rimangono vasi molto preziosi. Soprattutto la porosità è differente e non si riscontra più quella leggerezza tipica dei kowatari e il loro aspetto traslucido. Hanno patine particolarmente fini al tatto, effetto che indica una cura maniacale del biscotto prima della cottura.
Shinshinwatari: il termine significa nuovissima traversata. Con questo termine si indicano i vasi portati dalla Cina dopo la seconda guerra mondiale fino agli anni ’60.
Conclusione
E per finire un consiglio prezioso: quando si lavora una nuova pianta, cercate di procurarvi già mesi prima del rinvaso il vaso più adatto, onde evitare di ritrovarvi al momento del rinvaso senza il contenitore adatto e dover “cacciare” nel primo vaso a portata di mano la povera pianta, con conseguenze negative alla buona salute della stessa.