di Claudio Coppa
La lava, sebbene sia di solito un materiale friabile, si presta per la sua colorazione scura a vari impieghi in ambito bonsaistico. Ed è proprio per questo che nell’estate del 1999 con uno dei nostri soci (Maria Teresa Volontario) in vacanza a Pantelleria, panorama vulcanico naturale, concertammo la raccolta e la spedizione di materiale lavico per il club. Il trasporto, purtroppo, lasciò ben pochi pezzi intatti, riducendoli quasi tutti a dimensioni tali da essere utilizzabili soltanto come piccoli vasi per le erbe di compagnia. Solo quattro pezzi superstiti erano di discrete dimensioni.
In una delle serate al Club ci chiedemmo chi e come avrebbe potuto utilizzarli. L’idea comune che scaturì fu di assemblarli per farne un Ishizuki del Club decidendo da subito la posizione che avrebbero dovuto assumere i pezzi di lava per creare una pietra finale slanciata dove gli spazi vuoti dominassero su quelli pieni.
L’idea fu di eseguire il lavoro di composizione durante le imminenti vacanze di Natale ritrovandosi quanti più possibile nella casa di montagna del ns. Presidente Claudio Coppa.
Causa le condizioni meteorologiche a lungo avverse riuscimmo a trovarci solo in quattro: Mario Sandri, Giorgio Vinassa e i padroni di casa Claudio e Mauro Coppa. Dopo alcune prove abbiamo trovato la posizione “naturale” delle quattro pietre e dopo una prima sbozzatura delle parti per farle meglio combaciare è iniziata l’opera di costruzione che ci ha trasformato in un misto di fabbri e muratori”. Le pietre sono state bucate per ospitare dei cavicchi di metallo rappresentati da pezzi di una barra filettata fermati nelle rispettive parti con mastice da marmo.
Anche le giunture tra le parti sono state colmate con il mastice e per mascherarne il suo caratteristico colore bianco, sono state cosparse con della lava sbriciolata. (foto4)
Dopo questa operazione le quattro parti sono diventate una sola costituendo la pietra finale.
Lasciata asciugare per qualche tempo, l’abbiamo portata in gennaio ad una serata del Club, dove con tutti i soci abbiamo valutato quale potesse essere l’idea migliore per realizzare un Ishizuki accettabile.La soluzione giudicata da tutti come la più gradevole era quella che prevedeva l’uso di una sola conifera per la parte medio alta, decisa in un cedro, e di alcuni Cotoneaster per la parte bassa, come caducifoglia. Nel proseguimento della serata molti soci, giovani e meno giovani, si sono avvicendati per mettere insieme la struttura di trattenimento delle piante fissando del filo di alluminio ricotto alla roccia mediante il solito mastice.
Si trattava ora di trovare la pianta adatta. Non è stato facile, ma alla fine il buon Giuseppe Sgadari, ha scovato il cedro adatto. Ed è stato così che in una sera dello scorso novembre un gruppo ben nutrito di soci si è dato un gran da fare per mettere su le piante. Armati di keto, akadama, filo e quanto altro potesse occorrere si sono preparati sia il terriccio che le piante. Il terriccio lo abbiamo ottenuto mescolando il keto con un po’ di akadama finissima, impastando con acqua il tutto in modo da ottenere un composto malleabile e morbido (“come il lobo di un orecchio” come dice il Maestro Hideo Suzuki). Un impasto troppo duro o troppo molle non potrebbe aderire alle rocce. Un primo strato di terriccio è stato fatto aderire alla roccia nella parte dove sarebbero state collocate le piante, dopodiché è stato applicato loro il filo solo sul tronco e sui rami principali onde evitare che in abbinamento alla lavorazione delle radici venissero a crearsi situazioni critiche per la vita delle piante stesse. L’apparato radicale, costantemente umidificato, è stato pulito dalla terra del vaso ed in seguito le piante sono state disposte in posizione sullo strato di terriccio precedentemente applicato, fissandole con i fili già presenti sulla pietra, avendo l’accortezza di avvicinare il più possibile i tronchi alla roccia..
Un secondo strato di terriccio è stato disposto sopra le radici cercando di riprodurre l’effetto delle balze come in una montagna vera.
Su questo strato è poi stato applicato un manto di muschio bloccando le zolle più instabili con piccoli fermagli di filo. Anche qui si è cercato di riprodurre l’effetto più naturale possibile utilizzando muschi di colori diversi.
A conclusione del lavoro sono stati posizionati i rami delle piante nel loro aspetto definitivo.
È stata una serata entusiasmante perché tutti si sono sentiti coinvolti e soprattutto perché a dare il contributo maggiore sono stati i meno esperti, compreso chi socio non era ancora, ed hanno trovato il coraggio di osare sotto la guida di Mauro.
Dopo due ore di duro lavoro, spese soprattutto per impostare il cedro, sporchi, ma felici il risultato ottenuto è quello che si può vedere nella foto. Siamo stati tutti d’accordo, e forse siamo un po’ presuntuosi, nel convenire che con le limitate risorse a disposizione l’Ishizuki sia riuscito abbastanza bene. Oggi a distanza di oltre sei mesi siamo anche felici di aver visto le piante attecchire e reagire positivamente. Adesso dovremo lavorare sull’impostazione della chioma per portarla alla forma definitiva.